
Finalmente la parola “tolleranza” entra nello scenario dell’attività edilizia ed introduce nella relativa normativa un “paracadute” per tutta una serie di piccole difformità rispetto a quanto previsto nel progetto, che possono verificarsi durante i lavori per l’attuazione di un titolo abilitativo. Si prende atto finalmente che la tolleranza è una caratteristica fisiologica dell’attività edilizia e per la prima volta si dice chiaramente che piccole difformità non costituiscono violazione edilizia, eliminando un’incertezza di antica memoria.
Si conclude, con la normativa di cui parleremo, un percorso già iniziato nel 2011 con l’introduzione della nota percentuale del 2%; ora il legislatore ha affrontato la questione in modo articolato e ben strutturato mediante il nuovo articolo 34-bis Tolleranze costruttive del Testo Unico per l’Edilizia (TUE) di cui al DPR n. 380/2001.
Per la verità già due anni fa, precisamente dal 19/04/2019, il legislatore regionale con l’art. 9-bis della L.R. n. 17/2015 aveva introdotto una disciplina per le tolleranze, con il risultato che oggi abbiamo a disposizione due strumenti legislativi che agiscono in forma concorrente, muovendo però da due distinti principi: la norma statale dell’art. 34-bis si basa sul principio che il procedimento edilizio non è un processo costruttivo “esatto”, ammettendo appunto tolleranze costruttive, mentre la norma regionale dell’art. 9-bis si basa sul principio di certezza delle posizioni giuridiche e di tutela dell’affidamento dei privati cittadini; quest’ultima opera esclusivamente in presenza di una certificazione di abitabilità rilasciata a seguito di una ispezione tecnica comunale. Entrambe hanno come presupposto fondamentale che deve trattarsi di difformità realizzate in corso d’opera nel periodo di validità di un titolo abilitativo e non segnalate; si applica a tutti i titoli abilitativi (compresa la CILA) e a tutte le opere che rientrano nelle relative fattispecie, indipendentemente dall’epoca di realizzazione. Rientrare nella tolleranza significa in concreto non dover chiedere la sanatoria, atteso che ciò che si tollera non costituisce violazione edilizia.
Importante precisare che la tolleranza costruttiva in argomento ha valenza giuridica limitata al solo profilo edilizio e non si applica alle discipline speciali quali quelle antisismiche e paesaggistiche, le quali tuttavia contengono al loro interno delle tolleranze, come quella paesaggistica che ne prevede una anch’essa del 2% (tab. A del DPR 31/2017).
Partiamo con l’esaminare la norma statale, la quale conferisce alla tolleranza costruttiva dignità di disciplina normativa, mediante una definizione di principio generale a livello statale e con carattere cogente, sovraordinato ed immediatamente applicabile; con ciò si dovrebbe uscire finalmente da una applicazione talvolta non omogenea sul territorio nazionale, con valutazioni “caso per caso”.
E’ il cd. decreto semplificazione, ovvero il D.L. n. 76/2020 in vigore dal 17/07/2020 e convertito dalla legge 120/2020, che introduce nel TUE l’art. 34-bis, fornendo agli operatori del settore uno strumento importante e per certi versi innovativo; se utilizzato appieno e correttamente potrà risolvere tanti casi di piccole difformità che non possono essere considerate violazioni edilizie per il semplice fatto che non sono state eseguite in assenza di un titolo abilitativo ma nell’attuazione dello stesso e senza discostamenti sostanziali dalle relative previsioni progettuali. E’ importante ribadire e sottolineare che la difformità tollerabile è solo quella riferita ai lavori eseguiti per l’attuazione di un titolo abilitativo edilizio e non modifiche edilizie eseguite in assenza dello stesso; ciò potrebbe comportare che uguali modifiche in un caso costituiscono violazione e in un altro sono tollerabili.
L’art. 34-bis si compone di tre commi: i primi due disciplinano specifiche tipologie di tolleranze ed operano in maniera autonoma ed indipendente. Sulla stessa unità o edificio possono anche coesistere contestualmente in maniera cumulativa. Il comma 3 disciplina le modalità procedurali di riconoscimento e segnalazione delle tolleranze, precisando che queste non costituiscono violazione edilizia (passaggio molto importante).
Il primo comma riprende la norma del 2011 sulla percentuale del 2% di alcuni parametri edilizi, ma con l’aggiunta dell’indicazione “e di ogni altro parametro delle unità immobiliari”, a voler dire che viene tollerata la percentuale del 2% su tutti gli indicatori numerici che sono disciplinati dalla normativa, nessuno escluso. Questa integrazione elimina alcuni dubbi interpretativi che erano sorti in passato in quanto l’elenco dei parametri, contenuto nella previgente versione, di fatto escludeva tutti gli altri, con il risultato che la percentuale poteva non coprire tutta la casistica. Non ci sono pertanto condizioni all’applicazione della tolleranza del 2%, se non quella della percentuale stessa. Sono rilevanti solo le misure progettuali riferite ai parametri dimensionali e localizzativi (prescrizioni misurabili) per i quali la normativa stabilisce limiti minimi o massimi.
Alcuni parametri riguardano l’intero edificio, come i distacchi, il volume totale, la superficie coperta complessiva, l’altezza massima; mentre altri sono riferiti all’unità immobiliare, come la superficie dell’alloggio e l’altezza interna.
Il secondo comma fa rientrare nelle tolleranze tutte le difformità di piccola entità riferite ad aspetti non misurabili e quindi fuori dai parametri edilizi, quali modifiche interne e altre finiture di tipo architettonico e impiantistico. Importante evidenziare che le difformità del comma 1 (2% dei parametri) sono tollerate in ogni caso e a prescindere dalla loro conformità con la disciplina edilizia, mentre le difformità del comma 2 sono tollerate a condizione che rispettino la normativa e non pregiudichino l’agibilità. Come dire che tutto ciò che è misurabile ha una franchigia del 2% mentre tutto il resto può essere tollerato però con una duplice condizione: sia di piccola entità e non sia in contrasto con la normativa (oltre a non pregiudicare l’agibilità). Quelle del comma 2 sono tolleranze che portano di fatto ad una applicazione con qualche elemento di discrezionalità e quindi al “caso per caso”; ma forse non si poteva fare diversamente e sta agli operatori del settore (tecnici privati e funzionari comunali) usare robuste dosi di buon senso ed equilibrio.
Il terzo comma, come si è detto sopra, ci dice sostanzialmente che le tolleranze non costituiscono violazione edilizia e che devono essere rappresentate dal tecnico nella presentazione di una pratica edilizia (dove il professionista certifica la legittimità urbanistica dell’esistente) e/o in sede di trasferimento di proprietà o altri diritti reali (atti notarili); in entrambi i casi si demanda al professionista la certificazione circa la tollerabilità delle difformità. Con questo passaggio di fatto il tecnico abilitato assume la quasi totalità delle competenze autorizzative in materia edilizia, concludendo un percorso avviato nel lontano febbraio 1985 con l’art. 26 della legge n. 47/1985.
La normativa regionale, come accennato nell’introduzione, stabilisce che non costituisce violazione edilizia le parziali difformità rispetto al progetto autorizzato che siano state tollerate in sede di ispezione per il rilascio del certificato di abitabilità/agibilità. E’ richiesto quindi il requisito della parziale difformità tollerata in sede di sopralluogo da parte dei funzionari pubblici per la certificazione di abitabilità; ciò sembra rappresentare un’anomalia in quanto conferisce al certificato di abitabilità un valore di titolo abilitativo edilizio, cosa da sempre smentita dalla giurisprudenza, ma solo apparentemente perché tale certificazione si appoggia da sempre, fra gli altri, sul requisito della conformità di quanto costruito con il progetto approvato. Quindi se una parziale difformità è stata tollerata ritenendola irrilevante, come potrebbe ora la Pubblica Amministrazione cambiare idea contestando al cittadino una violazione edilizia?
Si potrebbe discutere su quali siano i confini della parziale difformità; per questo aspetto si fa riferimento alle variazioni non essenziali, visto che queste sono accomunate nel sistema sanzionatorio del TUE con la parziale difformità. Le variazioni essenziali sono precisamente disciplinate sia nell’art. 32 del TUE stesso che nella concorrente normativa edilizia regionale della L.R. n. 17/2015.
Il tema delle tolleranze è stato al centro lo scorso 27 maggio di un partecipato incontro con gli ordini professionali, nel quale è stato ricostruito il percorso che compie il professionista quando si approccia con un intervento edilizio su un edificio esistente e precisamente quando deve verificare la legittimità urbanistica di un edificio per la concessione di un mutuo, per beneficiare di un incentivo fiscale o per la stipula di un atto notarile. L’accesso agli atti, la presa visione di vecchi progetti, il raffronto di quanto autorizzato in passato, come trattare le quasi inevitabili difformità. A questo punto ci si trova di fronte ad un bivio: tolleranza o necessità di sanatoria? Nel caso di sanatoria sono state esplorate le varie possibilità che il TUE prevede: la CILA in sanatoria dell’art. 6-bis, gli accertamenti di conformità degli articoli 36 e 37 e le “fiscalizzazioni” degli articoli 33 e 34. Si aggiunge anche la possibilità di sanatoria con “Piano Casa regionale”, oggi espressamente previsto dal comma 9-bis dell’art. 4 della L.R. n. 22/2009.
Nella sfortunata ipotesi di difformità non tollerabili e non sanabili, non resta che la rimessa in pristino.
L’avvento delle tolleranze costruttive nella normativa urbanistico-edilizia costituisce una importante presa d’atto della realtà e potrebbe chiudere un ciclo aprendone uno nuovo, dove lo sguardo e gli sforzi progettuali vengono rivolti al futuro e non al passato, spesso alla ricerca di una improbabile soluzione a piccole difformità risalenti a tanti anni fa, frutto di prassi e consuetudini piuttosto che di vere e proprie violazioni edilizie. Consideriamo quindi questa novità come una salvaguardia per piccoli errori costruttivi e non come un generico e lineare ampliamento di tutti i parametri edilizi, con la conseguenza in questo caso di dover poi aver bisogno in futuro della tolleranza della tolleranza!!
Buon lavoro a tutti.
di Landino Ciccarelli
geometra, responsabile dal 2002 dello Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Jesi. Quale consulente in materia edilizia, ha collaborato con gli uffici tecnici di diversi Comuni della Vallesina e svolge attività di formazione per enti pubblici.